mercoledì 14 settembre 2016

La poesia è un silenzio che si fa sentire

Grazie alla giornalista Maria Del rosso per l'intervista al periodico NelMese


A questo indirizzo è possibile leggerla se avete piacere a farlo.
Ringrazio tutte le persone che non hanno temuto di sperimentare nuove strade con me.



Grazie alla redazione del Periodico di cultura NelMese e alla giornalista Maria Del Rosso per l'intervista. Buona lettura a chi avrà piacere di leggerla.

http://www.nelmese.com/2016/09/lisanti-la-poesia-e-un-silenzio-che-si-fa-sentire/


La poesia è un silenzio che si fa sentire

Grazie alla giornalista Maria Del rosso per l'intervista al periodico NelMese


A questo indirizzo è possibile leggerla se avete piacere a farlo.
Ringrazio tutte le persone che non hanno temuto di sperimentare nuove strade con me.



Grazie alla redazione del Periodico di cultura NelMese e alla giornalista Maria Del Rosso per l'intervista. Buona lettura a chi avrà piacere di leggerla.

http://www.nelmese.com/2016/09/lisanti-la-poesia-e-un-silenzio-che-si-fa-sentire/


Grazie alla giornalista Maria Del Rosso per l'intervista al periodico NelMese.

A questo indirizzo è possibile leggerla se avete piacere a farlo.

http://www.nelmese.com/2016/09/lisanti-la-poesia-e-un-silenzio-che-si-fa-sentire/
Ringrazio tutte le persone che non hanno temuto di sperimentare nuove strade con me.

https://vimeo.com/108886797

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giovedì 28 luglio 2016

Ritratti. Mamadou Dioume: “Viaggio verso lo sconosciuto” terza tappa dello Stage dal 15 al 20 Marzo a Milano


Foto Andrea Aquilante


Mamadou Dioume attore di fama internazionale si diploma presso l’Istituto Nazionale delle Arti del Senegal (INAS) dove consegue il primo premio “Prix de tragèdie” e interpreta numerosi importanti ruoli. Nel 1968 si fa riconoscere per il ruolo di Creonte nell’Antigone di Jean Anouilh, grazie al quale entra nel 
Teatro nazionale Daniel Sorano, dove lavora fino al 1984 sotto la direzione di Raymond Hermantier, compagno di Jean Vilar. Nel marzo del 1984 viene notato da Peter Brook che lo invita ad interpretare Bhima, il figlio del vento dalla forza prodigiosa, nel "Mahābhārata", Interpreterà questo ruolo sia in francese sia in inglese durante la tournée teatrale mondiale durata fino al 1988. Dopo il lavoro teatrale, gli viene proposto lo stesso ruolo per la versione cinematografica nel settembre 1988. Continua poi la collaborazione con Peter Brook e a la compagnia CICT, interpretando altre opere, tra le quali “La Tragèdie de Carmen”, “Woza Albert”, “La Tempète”. Ha inoltre diretto numerosi spettacoli nel mondo (in Norvegia, Francia, Africa..) e in Italia (a Torino, Napoli, Firenze, Roma, Bologna..) e preso parte in numerose produzioni cinematografiche tra le quali “The Tempest” di Julie Taymor. Dal 1991 dirige workshop e masterclass per attori in Africa e in tutta Europa arrivando a conseguire le conoscenze per trasmettere la forza delle sue tradizioni agli allievi europei. Ha diretto percorsi di formazione in tutta Italia. Collabora con diverse associazioni in Italia e dirige il Policardia Teatro Centro Di Creazione Internazionale con sede in Versilia.
Solo poche riche per un curriculum che si esprime in vita attraverso l’esperienza con Mamadou Dioume, riflesso incondizionato di ciò che profondamente equivale a fare esperienza di se stessi, sempre che si sia persone aperte a cogliere i semi che ognuno di noi ha dentro lasciandoli germogliare.
Fuor di metafora nel mezzo dello Stage “Viaggio verso lo sconosciuto”, un percorso teatrale rivolto ad attori professionisti e non concepito da Mamadou Dioume, ho la fortuna di incontrarlo:

·        Mamadou Dioume “Viaggio verso lo sconosciuto”, una percorrenza all’interno di noi stessi e all’interno del testo seguendo delle tappe e rapportandosi a tre opere scelte, Le Baccanti di Euripide, Quai Ouest di Bernard-Marie Koltès, Joyzelle di Maurice Maeterlinck…Come si coniuga questo intreccio esperienziale?

Le tappe sono necessarie per  metabolizzare un testo…Quando lavoriamo sulla fretta non viviamo qualcosa. Un’esperienza da vivere è la verità altrui…La verità che incontriamo spingendoci verso lo sconosciuto, distaccandoci da tutti i nostri bagagli perché ciò avvenga: non esiste una formula per andare verso qualcosa ma spingere la persona verso lo sconosciuto amplifica la conoscenza di quei semi che sono dentro di noi, e che hanno bisogno di tempo per radicarsi e di esplorazioni per risvegliarsi…
E dobbiamo permettere a questo tempo di esprimersi, così si cresce, andando oltre…
Il testo è lo sconosciuto, una verità che non è la nostra ma viene da lontano…Un testo ci nutre ma dobbiamo focalizzarci sul testo nudi, senza idee preconcette e, ciò di cui parlo, vive ogni volta che incontro un capolavoro!
Se la persona è attenta, non in un’analisi cerebrale, se è attenta perché libera dal proprio immaginario preconcetto, quella persona diventa fertile all’ascolto e il testo comincia ad esprimersi ad un altro livello di profondità…Lì se ascolti e fai lavorare la vista percepisci Dante, lì si risveglia  Shakespeare, dandoti altre verità. Questi tre testi li porto con me da un bel po’, dall’antichità, ci dicono cose che sono essenziali in rapporto alla vita, noi ci basiamo su ciò che è scritto ma non andiamo mai oltre…
Eppure in un capolavoro c’è una parte che è visibile e un’altra che è invisibile, come un segreto, e quella parte ti parla solo se sei disposto a compiere un cammino verso lo sconosciuto, senza paura: è in quell’esoterico che la conoscenza diventa un nutrimento per te per gli altri che non puoi esprimere con le parole.”

·       Le tappe propedeutiche sono conosciute, il percorso attraversa le fasi dell’esplorazione del linguaggio del corpo a partire dalla danza e il canto, passando per l’improvvisazione, in questo lavoro di “limatura spontanea” che i partecipanti compiono su se stessi, Mamadou Dioume come riesce a liberare o contenere le energie che durante il percorso accoglie dagli altri?

“Le persone mi nutrono in due fasi, la persona mostra il negativo, seguo la persona senza giudicarla, l’accompagno  ad un percorso…Se parlo troppo faccio parlare la testa, ed è lì che mi si indica chi ha sete e fame ma deve essere la persona disposta ad ascoltarsi, nel silenzio…Deposito tutto ciò che mi arriva dalle persone, e poi faccio un’analisi e pulisco, la persona mi nutre, nell’infinitamente grande che è il quotidiano…Se sei aperto la vedi e ciò che viene fuori è una meraviglia, un’emozione che non si può spiegare, ma  vivere e far vivere…La persona ti guarda e sorride..”
·       Mamadou Dioume è Bhima, il figlio del vento, dalla forza prodigiosa nel Mahabharata a teatro prima e poi a cinema… Cos’è la leggerezza e cosa la forza?

“Non ho la forza di cento elefanti…(e  sorride) quella è la storia umana, è la distruzione, la distruzione è umana.
 Tutto ciò che esiste ovunque giace dentro…
Mi allontano da questi concetti, l’aria l’abbiamo come elemento,  la leggerezza la ritroviamo in un cantastorie e umanamente quella storia ci nutre perché andiamo verso una grande fantasia.
Nel 1985 quando siamo andati in India uno dei saggi mi disse: “tu sei Bhima”, ma io ho il ruolo, mi sussurra delle cose, mi accompagna e pian piano scopro  dei collegamenti in rapporto alle mie tradizioni, perché tutte le cose che esistono sono delle cose umane…L’esperienza che ho vissuto è un’altra cosa, mi sono sentito posseduto quando recitavo, ero io ma anche qualcosa che mi sosteneva, una certa forza che non posso spiegare.
In India tu non puoi mai dire perché, come, sappi ascoltare, qualcosa ti tocca e percepiamo l’essere: recitare è condividere…Condivido con me, nutro la persona perché quella persona è un terreno fertile, è essenza umana, nessuno stile”.
·       Lo stage è concepito a tappe e con una certa autonomia interna, si rivolge ad attori professionisti e non: che cos’è l’umanità per te e come si radica in te stesso?
“L’umanità mi attraversa, mi nutre.
Se divento arido qualcosa non va è come se non ascoltassi quello che mi interessa, no?
E questo accade quando la distinzione tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere persiste, perché guardare non è ancora vedere.
Ma la vera umanità è la riconquista dell’infanzia, è: “ora so ciò che ho saputo quando ero bambino”, è l’apertura totale, incondizionata. L’amore colpisce tutti, l’amore non ha colore. Bene. Recentemente ho incontrato l’umanità in un Tempio a Parma e poi in un anziano a Roma che incontro sempre e l’ultima volta mi ha detto “Sorriditi”…”




Grazie Mamadou Dioume


Nadia Lisanti

- Qual è il segreto del mondo? -

foto Valerio Ceccarelli, sovraiscrizione Nadia

Siamo in Garfagnana, terra a me sconosciuta, e per la precisione a Bagni di Lucca. Il primo “peccato” è proprio questo e la gente del posto mi accoglie facendomelo notare con un detto popolare che, ora non ricordo a memoria, ma il cui senso è questo: “ Avrai visto Pisa e Venezia, Torino, Napoli e Firenze ma se te non hai visto Bagni di Lucca, te non hai visto niente”. Son finita in questo magico luogo per incontrare una persona meravigliosa: Mamadou Dioume. E così mi sono iscritta al workshop Cammini organizzato dal Centro Internazionale di Teatro Policardia con il Comune e la Proloco di Bagni di Lucca.
Unico contatto prima di arrivare un certo Roberto Corso, che si è occupato delle comunicazioni da diffondere attraverso il social e dell’accoglienza insieme a Valerio Ceccarelli, presidente della proloco. E così per riabbracciare Mamadou mi sono messa in cammino dalla Basilicata, ho coinvolto la mia clown preferita Mary e con lei son partita alla volta di questa esplorazione. Materiale necessario al workshop, tre palline da tennis, un tappetino da campeggio, abbigliamento comodo, un bastone di legno e il libro di J. C. Carrière Il segreto del mondo. Il viaggio con i regionali delle Ferrovie dello Stato da Picerno (PZ) a Bagni di Lucca dura quasi dieci ore e le abbiamo percorse tutte per trovarci lì a meno un quarto d’ora dall’inizio del lavoro. La prima cosa che ho sperimentato e percepito, prima di abbracciare Mamadou, è dunque questa: la Basilicata è più terza del terzo mondo come scriveva il bambino del libro di Marcello Orta*, sì, ma è pur vero che il tempo è una dimensione elastica e l’attesa di un incontro importante mi ha fatto percepire la distanza dimezzata, mi son sembrate cinque ore di viaggio, non di più. Arrivata a Bagni di Lucca con un passaggio in auto dalle ragazze iscritte allo stesso workshop, scendiamo dall’auto ed ecco, materializzarsi in carne ed ossa, il profilo di Facebook: Roberto Corso. Ci accompagna, gentilmente, all’Hotel Europa e ci indica il percorso che dovremmo fare a ritroso per raggiungere il circolo dei Forestieri dove si terrà l’esperienza di tre giorni con Mamadou Dioume. Il tre Gennaio, atmosfera intorno è quella natalizia, il borgo ha luci accese e angoli pittoreschi, somiglia tanto ad una location cinematografica senza cameraman che girano. Saranno andati tutti a riposare e sono le 17:45? Lavorano di notte come Mamadou?Questo è il segreto del mondo?!
Affrettiamo il passo e siamo davanti al Circolo dei Forestieri, realizzo avvicinandomi che quell’altezza è Mamadou Dioume, corro verso di lui e faccio per abbracciarlo a mo’di Nadia, lanciandomi al collo ma Mamadou mi ferma, donandomi la sua estraneità: - Sono all’antica Nadia, sono io che mi porgo verso la donna –  Rewind. Tutto da rifare ma è così che ci si abbraccia incontrando un’altra cultura, così che ci si conosce, da un gesto, il primo, quello più spontaneo per me quando voglio bene a qualcuno.
E io a Mamadou voglio un gran bene. Dopo una dissolvenza su questo piano relazionale, ad abbraccio sciolto ho il piacere di stringere la mano di Andrea Elodie Moretti, direttore del Policardia e a Valentina, compagna di Mamadou. Stessa sorte tocca a Mary come in ogni rito che si rispetti. Si parte, via, si entra nella Sala Rosa del Circolo e si è rapiti dal lavoro di Mamadou con un gruppo di adolescenti. Le prime due ore ci coinvolgono così, siamo osservatori silenziosi e rispettosi di quanto accade. Jean Claude Carrière, si siede accanto a me, come fantasma di un’opera che si sta creando sotto i miei occhi, fra tanti altri occhi, mani, respiri, piedi, persone che diventano miei compagni di viaggio, complice segreto di ogni silenzio o parola, gesto o seduzione, postura o espressione che ci circonda. Siamo vivi e siamo in compagnia di vivi e morti, siamo assorti in continui risvegli, il tempo è una dimensione elastica, ritorna ad ogni sensazione, si sprigiona dalle viscere della terra fino ad esalare attraverso le venature del legno per farsi sospiro, attrito e distanza, passo e costanza. Assume forme geometriche di un assolo che in prosaici atti di vita quotidiana ricrea l’ensemble, lì sotto gli occhi dell’autore, sotto i piedi di un Attore che ci invita, evocando i continenti e tutti i cammini che li hanno attraversati, a compiere un viaggio verso noi stessi: è così che si incontra l’altro. E penso al gup generazionale, a questa formula in cui stiamo ingabbiando chilometri di civiltà per allontanarci dalle persone, quando basterebbe concepire la narrazione come ciò che è sempre stato, il presupposto di una tradizione, il principio cardine di una realtà che si tramanda. E penso anche a loro, a tutte le persone sorde verso le quali abbiamo creato un divario culturale perché, non accedendo alla loro lingua, ne ignoriamo la storia.  E penso anche a tutti i Maestri che dalla nascita ad oggi mi hanno trasmesso conoscenza, e che nella parola e della parola, ne hanno fatto strumento di percezione della realtà. E mi chiedo allora, dopo un lavoro intensivo sul linguaggio del corpo,  dopo aver acceso un fuoco insieme ai miei compagni di viaggio e narrato una storia come si faceva una volta, dalla notte dei tempi, in ogni civiltà e ad ogni latitudine umana: - Qual è il segreto del mondo? –
Forse il segreto è solo la vita in tutto il suo mistero.
E il mio viaggio continua, mi arricchisce di bellezza, sta negli occhi di chi ci fotografa, Valerio, che di Bagni di Lucca non è ma che a Bagni di Lucca resta perché in quel luogo è sepolto suo figlio. E mi viene da piangere per tutta la meraviglia che si nasconde nel legame con la terra, con le radici, con la vita, con la morte, con il futuro che si fa presente, puro e semplice istante in cui tutti noi stessi ci trasportiamo da un luogo ad un altro, centimetro dopo centimetro, ora dopo ora. E così ogni spazio umano diventa un tempo naturale che asseconda il ciclo del giorno e della notte, un orologio immateriale che come un diapason accorda i respiri dell’universo. Il segreto del mondo allora, siamo noi stessi, esseri senzienti senza direzione, zingari distratti con il peso di domani, angoli sepolti da una briciola di pane che continuano a lottare per un soffio di vento.
Questo vento che è, anche quando non si sente, impercettibile suono che dà voce al silenzio, è, anche quando non si vede.
-        Qual è il segreto del mondo allora? –
-        Il silenzio con cui gli occhi lo ascoltano? –


Grazie Mamadou Dioume e grazie a tutti,  compresa me che ha camminato verso Te.

- Qual è il segreto del mondo? -

foto Valerio Ceccarelli, sovraiscrizione Nadia

Siamo in Garfagnana, terra a me sconosciuta, e per la precisione a Bagni di Lucca. Il primo “peccato” è proprio questo e la gente del posto mi accoglie facendomelo notare con un detto popolare che, ora non ricordo a memoria, ma il cui senso è questo: “ Avrai visto Pisa e Venezia, Torino, Napoli e Firenze ma se te non hai visto Bagni di Lucca, te non hai visto niente”. Son finita in questo magico luogo per incontrare una persona meravigliosa: Mamadou Dioume. E così mi sono iscritta al workshop Cammini organizzato dal Centro Internazionale di Teatro Policardia con il Comune e la Proloco di Bagni di Lucca.
Unico contatto prima di arrivare un certo Roberto Corso, che si è occupato delle comunicazioni da diffondere attraverso il social e dell’accoglienza insieme a Valerio Ceccarelli, presidente della proloco. E così per riabbracciare Mamadou mi sono messa in cammino dalla Basilicata, ho coinvolto la mia clown preferita Mary e con lei son partita alla volta di questa esplorazione. Materiale necessario al workshop, tre palline da tennis, un tappetino da campeggio, abbigliamento comodo, un bastone di legno e il libro di J. C. Carrière Il segreto del mondo. Il viaggio con i regionali delle Ferrovie dello Stato da Picerno (PZ) a Bagni di Lucca dura quasi dieci ore e le abbiamo percorse tutte per trovarci lì a meno un quarto d’ora dall’inizio del lavoro. La prima cosa che ho sperimentato e percepito, prima di abbracciare Mamadou, è dunque questa: la Basilicata è più terza del terzo mondo come scriveva il bambino del libro di Marcello Orta*, sì, ma è pur vero che il tempo è una dimensione elastica e l’attesa di un incontro importante mi ha fatto percepire la distanza dimezzata, mi son sembrate cinque ore di viaggio, non di più. Arrivata a Bagni di Lucca con un passaggio in auto dalle ragazze iscritte allo stesso workshop, scendiamo dall’auto ed ecco, materializzarsi in carne ed ossa, il profilo di Facebook: Roberto Corso. Ci accompagna, gentilmente, all’Hotel Europa e ci indica il percorso che dovremmo fare a ritroso per raggiungere il circolo dei Forestieri dove si terrà l’esperienza di tre giorni con Mamadou Dioume. Il tre Gennaio, atmosfera intorno è quella natalizia, il borgo ha luci accese e angoli pittoreschi, somiglia tanto ad una location cinematografica senza cameraman che girano. Saranno andati tutti a riposare e sono le 17:45? Lavorano di notte come Mamadou?Questo è il segreto del mondo?!
Affrettiamo il passo e siamo davanti al Circolo dei Forestieri, realizzo avvicinandomi che quell’altezza è Mamadou Dioume, corro verso di lui e faccio per abbracciarlo a mo’di Nadia, lanciandomi al collo ma Mamadou mi ferma, donandomi la sua estraneità: - Sono all’antica Nadia, sono io che mi porgo verso la donna –  Rewind. Tutto da rifare ma è così che ci si abbraccia incontrando un’altra cultura, così che ci si conosce, da un gesto, il primo, quello più spontaneo per me quando voglio bene a qualcuno.
E io a Mamadou voglio un gran bene. Dopo una dissolvenza su questo piano relazionale, ad abbraccio sciolto ho il piacere di stringere la mano di Andrea Elodie Moretti, direttore del Policardia e a Valentina, compagna di Mamadou. Stessa sorte tocca a Mary come in ogni rito che si rispetti. Si parte, via, si entra nella Sala Rosa del Circolo e si è rapiti dal lavoro di Mamadou con un gruppo di adolescenti. Le prime due ore ci coinvolgono così, siamo osservatori silenziosi e rispettosi di quanto accade. Jean Claude Carrière, si siede accanto a me, come fantasma di un’opera che si sta creando sotto i miei occhi, fra tanti altri occhi, mani, respiri, piedi, persone che diventano miei compagni di viaggio, complice segreto di ogni silenzio o parola, gesto o seduzione, postura o espressione che ci circonda. Siamo vivi e siamo in compagnia di vivi e morti, siamo assorti in continui risvegli, il tempo è una dimensione elastica, ritorna ad ogni sensazione, si sprigiona dalle viscere della terra fino ad esalare attraverso le venature del legno per farsi sospiro, attrito e distanza, passo e costanza. Assume forme geometriche di un assolo che in prosaici atti di vita quotidiana ricrea l’ensemble, lì sotto gli occhi dell’autore, sotto i piedi di un Attore che ci invita, evocando i continenti e tutti i cammini che li hanno attraversati, a compiere un viaggio verso noi stessi: è così che si incontra l’altro. E penso al gup generazionale, a questa formula in cui stiamo ingabbiando chilometri di civiltà per allontanarci dalle persone, quando basterebbe concepire la narrazione come ciò che è sempre stato, il presupposto di una tradizione, il principio cardine di una realtà che si tramanda. E penso anche a loro, a tutte le persone sorde verso le quali abbiamo creato un divario culturale perché, non accedendo alla loro lingua, ne ignoriamo la storia.  E penso anche a tutti i Maestri che dalla nascita ad oggi mi hanno trasmesso conoscenza, e che nella parola e della parola, ne hanno fatto strumento di percezione della realtà. E mi chiedo allora, dopo un lavoro intensivo sul linguaggio del corpo,  dopo aver acceso un fuoco insieme ai miei compagni di viaggio e narrato una storia come si faceva una volta, dalla notte dei tempi, in ogni civiltà e ad ogni latitudine umana: - Qual è il segreto del mondo? –
Forse il segreto è solo la vita in tutto il suo mistero.
E il mio viaggio continua, mi arricchisce di bellezza, sta negli occhi di chi ci fotografa, Valerio, che di Bagni di Lucca non è ma che a Bagni di Lucca resta perché in quel luogo è sepolto suo figlio. E mi viene da piangere per tutta la meraviglia che si nasconde nel legame con la terra, con le radici, con la vita, con la morte, con il futuro che si fa presente, puro e semplice istante in cui tutti noi stessi ci trasportiamo da un luogo ad un altro, centimetro dopo centimetro, ora dopo ora. E così ogni spazio umano diventa un tempo naturale che asseconda il ciclo del giorno e della notte, un orologio immateriale che come un diapason accorda i respiri dell’universo. Il segreto del mondo allora, siamo noi stessi, esseri senzienti senza direzione, zingari distratti con il peso di domani, angoli sepolti da una briciola di pane che continuano a lottare per un soffio di vento.
Questo vento che è, anche quando non si sente, impercettibile suono che dà voce al silenzio, è, anche quando non si vede.
-        Qual è il segreto del mondo allora? –
-        Il silenzio con cui gli occhi lo ascoltano? –


Grazie Mamadou Dioume e grazie a tutti,  compresa me che ha camminato verso Te.

martedì 26 luglio 2016

Ritratti. Antonio La Cava, maestro lucano in pensione: sono 17 anni che“allevo futuri lettori” grazie al Bibliomotocarro.







Antonio La Cava, 42 anni prestati all’insegnamento nella scuola pubblica, come maestro alle elementari prima e come promotore originale della lettura per i bambini, dopo. Siamo a Ferrandina, un paese in provincia di Matera, dove grazie alla felice intuizione del maestro, da ben 17 anni, tutti i bambini, soprattutto quelli “ai margini”, hanno la possibilità di avere tra le mani un libro: ci ha pensato lui!
Ideatore di una biblioteca itinerante “a due ruote”, Antonio La Cava, inizialmente girava per il paese di Ferrandina e poi i piccoli comuni limitrofi, Craco e Salandra, con un appuntamento fisso, il sabato e la domenica,  per raggiungere la fermata “Bibliomotocarro”. Annunciato dalla musica popolare, questo maestro di gioia, arrivava a bordo di un Ape 50 per donare meraviglia e invogliare alla lettura i bambini attraverso il gioco. Lo incontro per parlare di questo viaggio che attraversa le tappe di un’evoluzione storica dell’oggetto libro e dell’approccio alla lettura, passaggio, in cui è preponderante la visione tecnologica dello stesso mezzo di trasmissione dei contenuti culturali. Un incontro interessante che mi ha portato indietro nel tempo e lasciato atmosfere magiche e poetiche, catapultandomi nello stesso spazio-tempo in cui si delineava il passaggio dalla Radio alla TV. E come per la radio è stato rassicurante per me scoprire che il libro “non morirà” mai, finchè esisteranno persone di passione e impegno che, come il nostro maestro Antonio La Cava, si reinventano costruttori di contesti “normalmente”surreali, interpretando il senso del moderno in chiave contemporanea.

·        - Maestro La Cava come comincia questo viaggio e quanto della sua stravagante iniziativa è dovuto alla sua professione di maestro? -


“Ho insegnato a scuola per ben 42 anni, sono in pensione da sei anni, sempre a Ferrandina, fondamentalmente, poi a Craco,  Salandra montagnola per un breve periodo e ad Altamura(Ba) per scambio di sede con mia moglie,  maestra come me.
Il bibliomotocarro è nato mentre stavo a scuola, era il ’99 e si cominciava a porre un problema: l’affievolimento del rapporto tra il mondo della lettura e i bambini, si cominciava a parlare dell’introduzione di altri mezzi tecnologici, il pc, il tablet…Ebbi questa felice intuizione, il cui valore aggiunto credo risieda nel fatto che io sia un maestro, è per questo che acquista maggiore credibilità e una forza in più. Ho sempre creduto all’idea della scuola viggiante, si apprende fuori le mura, l’uso didattico del territorio è sempre stata una delle mie prerogative, unite al fatto che la passione per la lettura, il fascino del rapporto con l’oggetto libro non si possa trasmettere a scuola come un imperativo. Come dice lo scrittore Pennac: “Il verbo leggere non ammette imperativo”, ecco sono stato sempre di quest’idea: la lettura va stimolata attraverso un approccio diverso, come se fosse un gioco e, dopo la scuola, il bambino dove dovrebbe trovare altri modelli che possano suscitarla? A casa…Eppure non sempre è così. Ecco perché da primo viaggio in Ape 50 oggi il mezzo che adotto è un ApeCar a forma di casa, la biblioteca richiama richiama nella sua formula anche la forma visivo-concettuale…Sapeste come i bambini restano incantati all’interno della casetta itinerante, dove trovano il luogo in cui poter leggere anche in modo moderno…

·     - Dalle “due ruote” lei è passato all’ApeCar, e intanto dal ’99 ad oggi la tecnologia è entrata a far parte del nostro quotidiano, con una velocità inaspettata: lei invece continua a scegliere la lentezza per essere moderno?- 

“Sono 17 anni che “allevo futuri lettori” e questo strumento ha oggi un grande merito:  quello di sapersi innovare rimanendo se stesso. Gli elementi distintivi rimangono sempre gli stessi:  l’umiltà del mezzo, la semplicità della proposta e la lentezza. Viaggio ad una velocità di velocità media 35 - 40 km orari. Eppure non è più solo biblioteca itinerante, ma si è trasformato in un laboratorio creativo, in un cinema itinerante. Prima arrivavo nelle piazzette ad una certa ora, indicata sulla fermata del bibliomotocarro e ad accogliermi c’erano bambini cui davo in prestito i libri e un libro bianco che, a sua volta a distanza di una settimana quando ripassavo a ritirare i libri e a fare nuova consegna, si era trasformato a sua volta in uno spazio espressivo di creatività. Oggi invece la forma è quella di una casetta che arriva, il richiamo alla lettura è dato anche dall’immagine scelta, la lettura non deve essere costrittiva, ma costruttiva e così anche il passaggio alle nuove tecnologie deve essere “filtrato” da quest’ottica: vedete, bambini, potete usare il tablet, il pc, ma come mezzo indispensabile per tradurre i libri che leggete in un altro linguaggio, quello visivo. Con questo passaggio si ritorna al libro, per questo credo che l’oggetto sia insostituibile anche in questa idea postmoderna in cui l’aggettivo moderno resta aggettivo e non modernità, se evitiamo questo sbandamento linguistico e associamo l’umanesimo a questa parola anche il lento peregrinare in Basilicata acquisisce un valore diverso".

·     - Quest’avventura speciale nel mondo della lettura proposta secondo questo magico approccio oggi viaggia anche oltre il confine della Basilicata: quale Regione è risultata più ricettiva? - 

“Oltre alla Lucania, di cui ci tengo a dire il bibliomotocarro è il simbolo e lo dico anche quando sono fuori, la prima Regione in termini di ricettività è la Puglia, per quanto anche le altre Regioni del Sud come e se possono si attivano per ospitare il Bibliomotocarro…Il problema è che il patrocinio dell’iniziativa è sempre gratuito, spesso non hanno neanche il rimborso spese di benzina. Eppure quello che sto facendo per me è promozione alla lettura, e le scuole non hanno i soldi, le istituzioni neanche, dico anche le case editrici potrebbero essere più attente e donare al bibliomotocarro, ne avrebbero il proprio ritorno…Del resto, dico sempre, e semplicemente, cosa sto facendo:  io “allevo futuri lettori”…no?! Sono stato anche a Salerno attraversando le strade provinciali, perché mi piace mostrarlo, anche quando la gente lo incontra, si crea il dibattito. Oggi abbiamo capito tutti che non si può fare a meno del libro: leggere è una cosa gioiosa”.


·         - Dove ha preso il primo libro che ha letto e come sceglie i libri per i bambini? -

“Il primo libro che ho letto, l’ho preso da un camion, era un bibliobus che svolgeva servizio per il provveditorato agli studi per provincia di Matera e Potenza, e quest’immagine è rimasta nella mente di questo ragazzino di 15 anni: portare il libro nei posti in cui c’è bisogno. I miei genitori erano contadini, vivevo in una casa con una sola lampadina: quando mia madre spegneva la luce, accendevo la candela e questa candela ha illuminato la mia passione per la lettura. Il Bibliomotocarro oggi svolge servizio nelle scuole della provincia e della regione, con attività annuali calendarizzate e poi in iniziative speciali, a volte magari sono anche contesti non proprio strutturati, sono sagre, ma anche lì vado lo stesso perché i libro deve arrivare fino “ai margini”, non lasciamo nessun bambino senza un libro tra le mani”.
Mi congedo dalla sua delicatissima voce con la voglia di incontrarlo presto e affidare i libri alle sue mani!


Nadia Lisanti