giovedì 28 luglio 2016

Ritratti. Mamadou Dioume: “Viaggio verso lo sconosciuto” terza tappa dello Stage dal 15 al 20 Marzo a Milano


Foto Andrea Aquilante


Mamadou Dioume attore di fama internazionale si diploma presso l’Istituto Nazionale delle Arti del Senegal (INAS) dove consegue il primo premio “Prix de tragèdie” e interpreta numerosi importanti ruoli. Nel 1968 si fa riconoscere per il ruolo di Creonte nell’Antigone di Jean Anouilh, grazie al quale entra nel 
Teatro nazionale Daniel Sorano, dove lavora fino al 1984 sotto la direzione di Raymond Hermantier, compagno di Jean Vilar. Nel marzo del 1984 viene notato da Peter Brook che lo invita ad interpretare Bhima, il figlio del vento dalla forza prodigiosa, nel "Mahābhārata", Interpreterà questo ruolo sia in francese sia in inglese durante la tournée teatrale mondiale durata fino al 1988. Dopo il lavoro teatrale, gli viene proposto lo stesso ruolo per la versione cinematografica nel settembre 1988. Continua poi la collaborazione con Peter Brook e a la compagnia CICT, interpretando altre opere, tra le quali “La Tragèdie de Carmen”, “Woza Albert”, “La Tempète”. Ha inoltre diretto numerosi spettacoli nel mondo (in Norvegia, Francia, Africa..) e in Italia (a Torino, Napoli, Firenze, Roma, Bologna..) e preso parte in numerose produzioni cinematografiche tra le quali “The Tempest” di Julie Taymor. Dal 1991 dirige workshop e masterclass per attori in Africa e in tutta Europa arrivando a conseguire le conoscenze per trasmettere la forza delle sue tradizioni agli allievi europei. Ha diretto percorsi di formazione in tutta Italia. Collabora con diverse associazioni in Italia e dirige il Policardia Teatro Centro Di Creazione Internazionale con sede in Versilia.
Solo poche riche per un curriculum che si esprime in vita attraverso l’esperienza con Mamadou Dioume, riflesso incondizionato di ciò che profondamente equivale a fare esperienza di se stessi, sempre che si sia persone aperte a cogliere i semi che ognuno di noi ha dentro lasciandoli germogliare.
Fuor di metafora nel mezzo dello Stage “Viaggio verso lo sconosciuto”, un percorso teatrale rivolto ad attori professionisti e non concepito da Mamadou Dioume, ho la fortuna di incontrarlo:

·        Mamadou Dioume “Viaggio verso lo sconosciuto”, una percorrenza all’interno di noi stessi e all’interno del testo seguendo delle tappe e rapportandosi a tre opere scelte, Le Baccanti di Euripide, Quai Ouest di Bernard-Marie Koltès, Joyzelle di Maurice Maeterlinck…Come si coniuga questo intreccio esperienziale?

Le tappe sono necessarie per  metabolizzare un testo…Quando lavoriamo sulla fretta non viviamo qualcosa. Un’esperienza da vivere è la verità altrui…La verità che incontriamo spingendoci verso lo sconosciuto, distaccandoci da tutti i nostri bagagli perché ciò avvenga: non esiste una formula per andare verso qualcosa ma spingere la persona verso lo sconosciuto amplifica la conoscenza di quei semi che sono dentro di noi, e che hanno bisogno di tempo per radicarsi e di esplorazioni per risvegliarsi…
E dobbiamo permettere a questo tempo di esprimersi, così si cresce, andando oltre…
Il testo è lo sconosciuto, una verità che non è la nostra ma viene da lontano…Un testo ci nutre ma dobbiamo focalizzarci sul testo nudi, senza idee preconcette e, ciò di cui parlo, vive ogni volta che incontro un capolavoro!
Se la persona è attenta, non in un’analisi cerebrale, se è attenta perché libera dal proprio immaginario preconcetto, quella persona diventa fertile all’ascolto e il testo comincia ad esprimersi ad un altro livello di profondità…Lì se ascolti e fai lavorare la vista percepisci Dante, lì si risveglia  Shakespeare, dandoti altre verità. Questi tre testi li porto con me da un bel po’, dall’antichità, ci dicono cose che sono essenziali in rapporto alla vita, noi ci basiamo su ciò che è scritto ma non andiamo mai oltre…
Eppure in un capolavoro c’è una parte che è visibile e un’altra che è invisibile, come un segreto, e quella parte ti parla solo se sei disposto a compiere un cammino verso lo sconosciuto, senza paura: è in quell’esoterico che la conoscenza diventa un nutrimento per te per gli altri che non puoi esprimere con le parole.”

·       Le tappe propedeutiche sono conosciute, il percorso attraversa le fasi dell’esplorazione del linguaggio del corpo a partire dalla danza e il canto, passando per l’improvvisazione, in questo lavoro di “limatura spontanea” che i partecipanti compiono su se stessi, Mamadou Dioume come riesce a liberare o contenere le energie che durante il percorso accoglie dagli altri?

“Le persone mi nutrono in due fasi, la persona mostra il negativo, seguo la persona senza giudicarla, l’accompagno  ad un percorso…Se parlo troppo faccio parlare la testa, ed è lì che mi si indica chi ha sete e fame ma deve essere la persona disposta ad ascoltarsi, nel silenzio…Deposito tutto ciò che mi arriva dalle persone, e poi faccio un’analisi e pulisco, la persona mi nutre, nell’infinitamente grande che è il quotidiano…Se sei aperto la vedi e ciò che viene fuori è una meraviglia, un’emozione che non si può spiegare, ma  vivere e far vivere…La persona ti guarda e sorride..”
·       Mamadou Dioume è Bhima, il figlio del vento, dalla forza prodigiosa nel Mahabharata a teatro prima e poi a cinema… Cos’è la leggerezza e cosa la forza?

“Non ho la forza di cento elefanti…(e  sorride) quella è la storia umana, è la distruzione, la distruzione è umana.
 Tutto ciò che esiste ovunque giace dentro…
Mi allontano da questi concetti, l’aria l’abbiamo come elemento,  la leggerezza la ritroviamo in un cantastorie e umanamente quella storia ci nutre perché andiamo verso una grande fantasia.
Nel 1985 quando siamo andati in India uno dei saggi mi disse: “tu sei Bhima”, ma io ho il ruolo, mi sussurra delle cose, mi accompagna e pian piano scopro  dei collegamenti in rapporto alle mie tradizioni, perché tutte le cose che esistono sono delle cose umane…L’esperienza che ho vissuto è un’altra cosa, mi sono sentito posseduto quando recitavo, ero io ma anche qualcosa che mi sosteneva, una certa forza che non posso spiegare.
In India tu non puoi mai dire perché, come, sappi ascoltare, qualcosa ti tocca e percepiamo l’essere: recitare è condividere…Condivido con me, nutro la persona perché quella persona è un terreno fertile, è essenza umana, nessuno stile”.
·       Lo stage è concepito a tappe e con una certa autonomia interna, si rivolge ad attori professionisti e non: che cos’è l’umanità per te e come si radica in te stesso?
“L’umanità mi attraversa, mi nutre.
Se divento arido qualcosa non va è come se non ascoltassi quello che mi interessa, no?
E questo accade quando la distinzione tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere persiste, perché guardare non è ancora vedere.
Ma la vera umanità è la riconquista dell’infanzia, è: “ora so ciò che ho saputo quando ero bambino”, è l’apertura totale, incondizionata. L’amore colpisce tutti, l’amore non ha colore. Bene. Recentemente ho incontrato l’umanità in un Tempio a Parma e poi in un anziano a Roma che incontro sempre e l’ultima volta mi ha detto “Sorriditi”…”




Grazie Mamadou Dioume


Nadia Lisanti

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